venerdì 1 agosto 2014

Generazioni di Fenomeni. Dissociazione tra mondo reale e mondo virtuale. Viralità.

L'immagine di sé e quella che gli altri hanno di noi, è diventato argomento di enorme importanza negli ultimi lustri. Ad onor del vero il riconoscimento pubblico è sempre stato sin tempi immemori una delle principali motivazioni che hanno spinto l'uomo all'azione (...azioni che un tempo sarebbero rimaste ai posteri).
Con l'avvento dei media prima, carta stampata, radio, televisione, internet e new media poi, la trasmissione delle informazioni, è stata sempre più amplificata e (spesso), adulterata. In soldoni la trasmissione della notizia non corrisponde alla realtà ed in molti casi le notizie non esistono affatto.
Ora non credo che la cosa sia solamente locale, sicuramente sarà nazionale o addirittura mondiale, né penso che queste aberrazioni un tempo non esistessero in senso assoluto (le leggende metropolitane sono sempre esistite). Ad occhio però, sino a qualche tempo fa, questa dissociazione tra mondo reale e mondo virtuale era ridotta. Si esistevano i fake la carta stampata, ha contribuito a crearne migliaia di leggende metropolitane (Il generale della Rovere presumibilmente non è mai esistito, se non nella penna di Indro Montanelli, Marco Polo dichiarò di aver visto gli liocorni nel milione).
Credo sia un impulso atavico dell'uomo, cercare il riconoscimento, credere di essere qualcosa di diverso, di speciale,  ma con l'avvento dei social l'impulso è diventata virale (lo spartiacque l'ha fatto facebook, dalla sua espansione questi è diventato un palco dove pubblicizzare -rendere pubblici -, pensieri, parole, gesta farlocche, cazzate e filosofia da supermercato).
Da spazio dove condividere foto, e ritrovare vecchi amici  è diventato palcoscenico per politica, informazione, comicità e rappresentazione (veritiera e mendace che sia) altrui e personale. 
Corroborando quello che anticipò Andy Warhol "nel futuro ognuno sarà famoso per 15 minuti".
Questa distorsione ha intaccato ogni aspetto della vita quotidiana e l'ambiente marziale, che storicamente è crogiuolo di personaggi egoriferiti in cerca d'autore, ne è  valido esempio.
Le arti marziali sono il tempio del reinventarsi, del seguire le mode, dei selfie pre e post allenamento, del machismo, del misticismo, della costruzione di curriculum artefatti, dei video didattici, dei  fanatici, e dei cortigiani privi di discernimento.
L'ambiente  paramarziale (Bjj compreso) è terreno fertile per costoro.
Per carità c'è spazio per tutti ....amatori, filosofi, professori, agonisti, cazzari, atleti e presunti tali e tutti a modo loro possono dare un contributo nella crescita marziale. Mea culpa, questa evoluzione non mi piace.....ok se tutti si improvvisano produttori di vino, prima o poi qualche bottiglia buona la si potrà stappare, ma quanto male farà alla salute bere tutto quell'aceto (povero dio bacco).
Personalmente  invidio discipline con a monte federazioni strutturate e consolidate nel tempo come lotta, Judo e pugilato, quivi è più raro vedere discrasie (per carità nessuno è esente), i maestri di lotta, judo o pugilato (che raramente hanno meno di 40/45 anni e 20/30 di pratica ed agonismo) difficilmente si presentano come questi personaggi ego-riferiti, portatori della parola che squadra ogni cosa (citando Eugenio Montale) che ammorbano il mondo marziale.
Per esperienza personale più costoro hanno ottenuto risultati meno si atteggeranno. In queste discipline, sai chi hai davanti, sai cosa ha fatto e via discorrendo, nessuno si autoproclama imbattibile (chi fa, spesso ha incontrato la sconfitta, strada necessaria per arrivare al successo) o portatore del solo verbo, non c'è la componente marziale dell'indottrinamento, non c'è tutta sta filosofia da supermercato, il livello di un'atleta/istruttore non lo si giudica per le foto su facebook con questo o quel personaggio.
Purtroppo il nostro sport è stato pesantemente intaccato da questa distorsione cognitiva, un lustro o due fa,  era più raro incontrare personaggi del genere, ed in generale si respirava più umiltà (ed un po' di sana scappataggine di casa eheheh).
A tal proposito ho recentemente  scoperto una teoria che calza proprio a pennello per queste considerazioni, l'effetto Dunning - Kruger, costoro teorizzavano che tale distorsione era attribuita alla incapacità metacognitiva, da parte di chi non è un esperto della materia di riconoscere i propri limiti/errori, mentre un soggetto effettivamente competente è portato a vedere negli altri un grado di competenza equivalente al proprio, arrivando alla conclusione che : "l'errore di valutazione dell'incompetente deriva da un giudizio errato sul proprio conto, mentre quello di chi è altamente competente deriva da un equivoco sul conto degli altri".
Ricercando su questo teoria ho trovato una splendida frase di shakespeare:
"Il saggio sa di essere stupido, è lo stupido invece che crede di essere saggio."

Ora non so se è tutto frutto di questa distorsione cognitiva, o se a monte c'è malafede.
Quello che so è che per quanto riguarda il mio gruppo la linea è la solita, niente machismi, solo sudore umiltà e goliardia ed  porte aperte a chiunque voglia testarci/mi.