martedì 8 febbraio 2011

Materassina l’esperanto dei lottatori

Se 20 anni fa (n.r. ora anno 2016 sono 25) ci fosse stata la diffusione del nostro sport che c’è adesso ora conoscerei più il mondo e avrei amici in ogni dove.
Detto questo - ed invidiando la fortuna dei miei giovani allievi - non posso lamentarmi …. meglio tardi che mai. Se uno ha visto le tenebre apprezza maggiormente la luce.
Quando mi sposto cerco sempre una palestra di bjj, grappling, luta livre o libera in cui allenarmi, è diventato un nuovo modo di fare amicizia e conoscere luoghi nonché persone simili a me.
E’ difficile trovare un lottatore con cui fai sparring che non diventi tuo amico, con la maggior parte delle persone che ci circondano e che frequentiamo abitualmente non condividiamo un’ esperienza così intensa e viscerale come la lotta.
Lottare unisce, e nei miei viaggi l’ho appurato più e più volte, nonostante gap linguistici, religiosi, culturali, colore della pelle, stato sociale e puttanate varie, lottare mi ha fatto conoscere persone meravigliose. Lottare è comunicazione (qs l’ho sentito un un’intervista a Yuki Nakai), la lotta è un linguaggio comune a tutti i popoli … la materassina è l’esperanto dei lottatori.
Ti dai la mano, fai il gesto convenzionale e via con le danze, a cosa serve parlare? Risp: “A nulla”; una leva è una leva, un atterramento è un atterramento, una posizione di dominio è una posizione di dominio. Si comunica senza parlare, si fa amicizia in una maniera primitiva e profonda.
I lottatori li riconosci per strada, un lottatore non da la mano ti abbraccia, fanno gesti strani, hanno facce truci ma solari, orecchie spesso deformi ed avambracci solidi (anche le mezze).
Spiego il pensiero citando il mio fratello Thomas Erba…lo abbraccereste mai un uomo sudato per strada, la risposta è no. Però tutte le sere lottando non vi ponete lontanamente il problema, è naturale è lotta.
Ti ammazzi letteralmente di botte prendi colpi che stenderebbero qualsiasi persona normale, sanguini copiosamente o ti cospargi del sangue altrui senza battere ciglio e con il sorriso, questa è la lotta (ieri il mio sparring si è bloccato tre volte per crampi ed ha sempre continuato dopo - andatelo a dire ad un calciatore-). Ti lamenti degli acciacchi, ma sai benissimo che il tuo dirimpettaio è conciato peggio, sei esausto ma sorridente, è normale è lotta. Che tu sia lutador, jutsuka, lottatore o grappler le sensazioni non cambiano. La lotta unisce e non serve parlare, si a volte è violenta, si a volte è poco salutare, come tutte le cose che vale la pena vivere. Lottare aggrega fortifica lo spirito e tempra il corpo, crea legami che vanno al di là della sola amicizia. Lottare è per molti ma non per tutti. La fatica è parte integrante del gioco ed elemento fondamentale, è reale ed è condivisa, non si diventa forti facendo movimenti all’aria o tirando calci al vento, si migliora assieme ai propri compagni, non esiste un aliud pro alio o ti fai il mazzo e ti metti in gioco o rimani una pippa, non si diventa forti facendo forme e guardando video (o peggio facendo autodifesa), è una serratura a doppia mandata legata indissolubilmente all’altrui presenza. Senza un compagno volitivo non si progredisce ed è per questo che si creano forti legami ed è per questo che chiamiamo fratelli i nostri compagni.
RGC Sestri (ora La Superba) sudore condiviso.

6 commenti:

tartax ha detto...

è bello veder messo per iscritto le sensazioni che si provano tutti i giorni in palestra.

Vanni Altomare ha detto...

Mi fai commuovere Andre... bello scritto!

Anonimo ha detto...

Una faccia una razza...cambiano le materassine ma il linguaggio rimane lo stesso
Andrea
Un abbraccio ad entrambi

Patrizio ha detto...

lavoro e mi alleno in Kazakhstan, e ti confermo che quello che hai scritto è tutto vero. grazie Patrizio

Massimo ha detto...

Ciao Andrea,
mi è piaciuto molto questo pezzo :-)

La lotta è qualcosa di estremamente radicale; tanto presente nelle pulsioni più istintive quanto nei movimenti più raffinati, e può mettere le persone in uno stato di comunicazione molto più profondo del linguaggio parlato.

spartamma ha detto...

Grazie ad entrambi
Vero Massimo guarda i bambini piccoli, quando giocano e quando litigano non fanno a pugni fanno la lotta, si fanno gli sgambetti e rotolano. C'è un senso di atavico primordiale appagamento nel ripercorrere in versione più tecnica le movenze che facevamo inconsciamente da piccini.
Un abbraccio ad entrambi. Patrizio se mai passassi dalla liguria La nostra tana è aperta.